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Lilian Solomon

Lilian è volata in cielo

2009-2011, Strada provinciale "Bonfica del Tronto" (Marche). Lilian ha poco più di 20 anni, subisce un aborto clandestino e poi scopre di avere una rara forma di leucemia. I suoi sfruttatori la costringono comunque a prostituirsi, nonostante stia male, nonostante i continui malori. Salvata dalla strada da un'associazione di volontariato locale, in ospedale riceve tutte le cure possibili, ma ormai è troppo tardi, in ottobre (2011), Lilian vola in cielo. Tre mesi prima una trasmissione di Rai3 si era interessata al suo caso. I suoi carnefici sono stati processati e condannati

Lilian è volata in cielo

Lilian, giovanissima ragazza nigeriana. costretta a prostituirsi nella zona di confine tra le Marche e l'Abruzzo. Abbiamo conosciuto Lilian all'inizio dell'estate del 2011, attraverso l'Associazione "On the Road" che opera in quella zona.

Arrivata in Italia nel 2009 quando aveva appena 18 anni, anche lei sognava di fare la parrucchiera ed invece si ritrova a dover "vendere" il suo corpo solo per arricchire la sua mamam. La sua inesperienza e la sua giovane età la porta a commettere un errore molto grave e rimane incinta di un cliente (non sa chi). Viene costretta a subire un aborto clandestino.

Verso la fine dell'estate 2010 comincia a sentirsi molto stanca, spesso febbricitante e con continue perdite di sangue anche al di fuori del periodo delle naturali mestruazioni. All'inizio dà la colpa di questi malori all'aborto, ma con il passare del tempo le cose peggiorano. Chiede quindi alla sua mamam di essere curata, ma per tutta risposta riceve botte e nonostante questo stato di prostrazione è costretta a "lavorare".

Passano alcuni mesi ed incontra le operatrici dell'associazione "On the Road", e nonostante la paura chiede aiuto. Ricoverata in ospedale le viene diagnosticata una rara forma di leucenia, il linfoma Non Hodgkin a grandi cellule B, ormai in avanzato stato (4° stadio) ed è urgentissimo un autotrapianto di midollo.

Il suo problema però è il suo stato di "clandestinità" e non può essere curata in una struttura pubblica. L'operazione richiede molto denaro. L'Associazione "On the Road" prende molto a cuore il caso di Lilian e così si mobilita anche attraverso il web. Lilian riesce quindi a ottenere un lavoro onesto e stabile presso un centro per anziani, luogo dove stabilisce la sua residenza in Italia.

E così un "cavillo" costituzionale (la salute deve essere garantita a tutti i residenti in Italia, senza distinzione di sesso, religione o razza) le permette di essere operata. L'operazione riesce perfettamente, ma i medici non danno molte speranze a Lilian perché la malattia è stata curata troppo tardi. Lilian però riesce a guadagnare qualche mese d vita in più.

Quando era ancora ricoverata in ospedale, riceve una visita sgradita da parte di due suoi connazionali (maschi) che la minacciano per costringerla a tornare al "lavoro" al più presto (Questo episodio rimase sconosciuto per molte settimane, finché Lilian stessa vinse la paura e lo raccontò alle operatrici di "On the Road")

Nel luglio del 2011 una trasmissione di Rai Tre pubblica un servizio su di lei. Lilian ha accettò di raccontare la sua storia in un documentario (“Schiavi” di Giuseppe Laganà) nell'ambito di un documentario sulle nuove schiavitù. Voleva far conoscere al mondo la sofferenza sua e di tutte le sue connazionali che stavano vivendo la sua stessa condizione di schiavitù.

Lilian avrebbe voluto incontrare per l'ultima volta la sua mamma, ma muore prima di poter coronare il suo sogno. Lilian è volata in cielo all'inizio di ottobre del 2011 e da lassù ci sorride ancora

Il mese successivo, nel novembre 2011, grazie anche alle denunce fatte a suo tempo da Lilian stessa, durante un'operazione anti prostituzione della questura dell'Aquila gli sfruttatori di Lilian vengo arrestati e messi in carcere. Nel 2013 in cinque vennero condannati dal Tribunale di Teramo in primo grado.

Maris Davis, 6 ottobre 2013

Aggiornamento, processo d'appello
Marzo 2014

Fecero prostituire una malata di cancro. Ridotte le condanne

La corte d’appello fa lo sconto a due dei tre accusati di aver ridotto in schiavitù la giovane nigeriana Lilian

Due condanne ridotte, una confermata e due assoluzioni: così i giudici della Corte d’assise d’appello riscrivono il processo per la morte di Lilian Solomon, la ragazza nigeriana malata di cancro fatta prostituire dai suoi sfruttatori e scomparsa a 23 anni per un linfoma. Sotto accusa cinque connazionali imputati di riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione.

Nell'inchiesta era stato coinvolto anche un italiano chiamato il "tassista", cliente di Lilian, che in cambio di prestazioni sessuali, la portava frequentemente sul luogo in cui era costretta a lavorare. L'uomo uscì dall'inchiesta in quanto non risultò coinvolto nello sfruttamento.

La sentenza di primo grado emessa nell’aprile del 2013 dai giudici della Corte d’assise di Teramo è stata parzialmente riformata dai magistrati aquilani: Victoria Ofiebe, per l’accusa colei che avrebbe ospitato la ragazza, è stata condannata a 11 anni e 6 mesi (15 anni e 6 mesi in primo grado), mentre Rose Mary Damisah a 4 anni e 6 mesi (in primo grado 9 anni). Confermati i 12 anni a Evans Aimerohe. Tutti e tre condannati per riduzione in stato di schiavitù.

I giudici d’appello hanno invece assolto perchè il fatto non sussiste Edith Aiyuduebie e Erold King Enofe Evbaheke (entrambi difesi dall’avvocato Odette Frattarelli), accusati di sfruttamento della prostituzione.

Confermati i risarcimenti alla parte civile rappresentata dall’associazione On The Road (assistita dall’avvocato Valentina Bravi). Furono proprio gli operatori dell’associazione, che ormai da anni si occupa del contrasto del fenomeno della tratta, a soccorrere Lilian sulla Bonifica, a raccogliere la sua denuncia, a portarla all’ospedale di Pescara dove è morta nel 2011. Il suo testamento, quello di una ragazza che era stata una miss, è un’intervista, agli atti del processo, fatta tre mesi prima di morire in un documentario girato dal regista Giuseppe Laganà.

Lilian, come molte altre ragazze sue connazionali, era stata comprata dai suoi aguzzini che l’avevano fatta arrivare in Italia dalla Nigeria. Era stata a Milano, a Crema e poi, dopo un aborto illegale che le aveva provocato emorragie continue, era arrivata in Val Vibrata, chiusa, dice l’accusa, in casa di quelli che sono finiti a processo. Di quelli che, ha ripetuto più volte il pm della distrettuale David Mancini, non l’hanno aiutata. Il pm Mancini, che aveva accusato gli sfruttatori anche di morte come conseguenza di altro reato (ipotesi caduta nel processo di primo grado), ha firmato decine di inchieste sulla riduzione in stato di schiavitù, conosce bene il fenomeno della tratta e sa quanto alimenti un mercato illegale che nel volume d’affari è dietro solo al traffico di droga e armi.

Un business ignobile quanto diffuso favorito dalla miseria, dalla fame, dalla povertà e dall’ignoranza di chi non sa neanche di essere una vittima, di chi è sicura che si può far male con i riti woodoo . Un business che non conosce crisi e che, giorno dopo giorno, incrementa il suo fatturato perchè i clienti ci sono sempre. Uno scenario su cui si staglia la storia di Lilian che, ha detto nel processo il consulente del pm, «se fosse stata curata avrebbe avuto una buona probabilità di sopravvivenza»

Maris Davis, Marzo 2014