Le Ragazze di Benin CityLe Ragazze di Benin CityLe Ragazze di Benin City
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376 pagine - € 16,02
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Hellen

Hellen, soldi e sfruttamento

Hellen parte dalla Nigeria che ha 15 anni, nel 2007, era il mese di aprile. Un viaggio verso il Marocco ed infine l'Italia, Torino. In giugno Hellen si ritrova a Palermo, costretta a prostituirsi al Parco della Favorita. Per nove mesi con una mamam violenta che spesso la riempie di botte. Nel 2008 si lascia prendere dalla polizia. Dopo quell'episodio viene venduta ad un'altra mamam e va a Milano, e li altre botte, la nuova mamam la fa violentare dai suoi "boys" perché guadagnava poco. Decide di liberarsi e di fuggire, prima va a Firenze e poi a Roma dove viene definitivamente accolta e salvata, e dove si trova ancora.

Hellen, soldi e sfruttamento

Mi chiamo Hellen e sono nata a Benin City verso la fine del 1992. Ho 4 fratelli e 4 sorelle. Io sono la seconda. I miei genitori vivono in un villaggio in campagna vicino Benin City. Mio padre è rimasto invalido e così mia madre ha dovuto da sola prendersi cura di tutta la famiglia. Io aiutavo mia madre a vendere al mercato i prodotti del nostro orto. A marzo del 2007, avevo 15 anni, una donna di nome Felicity che veniva spesso a comprare la verdura da noi, mi ha proposto di partire per l’Italia. La donna era la madre di Silvester, un nostro amico di famiglia. Mia madre non voleva, ma dopo le mie insistenze ha ceduto.

La donna per farmi arrivare in Italia voleva in cambio circa 45.000 naira, con un impegno scritto di restituzione del prestito. Ci accordammo per un prestito di 45mila naira che poi, una volta arrivata in Italia, sarebbero divenuti, secondo lei, circa 35mila euro. Io non conoscevo il valore dell’euro ma ho ritenuto comunque vantaggiosa questa proposta.

In pratica un truffa monetaria bella e buona, 45mila naira, al valore attuale, non sono nemmeno 100 euro. Si conta sul fatto che la ragazza non conosca il reale valore dell'euro. Mentre 35mila euro (il debito reale che la ragazza dovrà pagare) sono oltre 17milioni di naira.

Juju, e poi il viaggio

Successivamente la donna mi ha condotto in un villaggio vicino per incontrare un baba-loa e incominciare il patto con la ritualità woodoo, dicendomi che era l’usanza per garantire entrambi della bontà del patto stesso: lei mi trovava un bel lavoro e io restituivo i soldi prestati. Ad aprile sono partita con un ragazzo di nome Vernon e con altre ragazze in autobus per raggiungere Kano, poi Sokoto (nel Nord del Niger). Qui Vernon ci ha consegnato dei passaporti falsi e quando la Polizia li ha controllati non abbiamo avuto nessun problema. I giorni successivi siamo arrivati in Algeria e poi, attraversando il confine verso occidente, in Marocco.

A Tangeri abbiamo pagato altri 1.500 euro per passare in Spagna con un’altra guida. Questa mi dette un numero di telefono di una donna nigeriana che viveva a Torino. Arrivati a Torino c’era ad attenderci un altro ragazzo nigeriano (il brother), collaboratore della donna a cui avevamo telefonato.

Palermo

Insieme siamo andati a Palermo, dove abbiamo riconsegnato al brother, prima della suo ritorno a Torino, i documenti falsificati che avevamo usato per il viaggio. Era la fine del mese di giugno. Alla stazione di Palermo è venuta a prenderci Corine, la sorella della donna (ossia Felicity) che mi aveva contattata in Nigeria. Lei aveva circa 30 anni, ci ha portato in una casa che aveva aiutato per noi. Dopo 3 giorni Corine ci ha portato dei vestiti molto corti e succinti. Gli abbiamo chiesto il motivo di queste acconciature e per tutta risposta ci ha detto che sapevamo benissimo a cosa servivano.

A quel punto ci ha detto che avremmo dovuto prostituirci sulla strada. Minacciandomi mi ha consegnato una confezione di preservativi. Non potevo scappare perché non conoscevo nessuno e non comprendevo la lingua italiana. Corine mi ha ricordato che avevo un debito da pagare e che dovevo iniziare a restituirlo. Lei era solo la cassiera della maman che stava in Nigeria e non voleva storie. Dovevo restituire 35mila euro contratti per il viaggio senza nessun ripensamento. Corine mi picchiava molto spesso perché io sulla strada piangevo sempre e i clienti non si fermavano da me. Ciò che guadagnavo lo consegnavo tutto a lei, che mi ha impedito di chiamare la mia famiglia per molto tempo.

Per altri nove mesi mi sono rassegnata a lavorare in strada a Palermo al Parco della Favorita. Durante la settimana guadagnavo 70-80 euro al giorno all’incirca e qualche volta anche 100. Ogni domenica mattina Corine veniva a prendere tutto il mio guadagno della settimana, quasi 600-700 euro. A metà anno la polizia mi ha fermata sulla strada per un controllo. Non avendo documenti sono stata prima portata in questura a Palermo e poi trasferita a Roma (CIE di Ponte Galeria).

Milano

Da qui sono uscita e Corine, telefonandomi, mi disse di raggiungerla a Milano (dove c’era sua sorella). Corine, infatti, mi aveva ceduta alla sorella Felicity. Questa mi disse che era lei la mia nuova maman e che il prestito ricevuto dovevo pagarlo a lei, ossia mi dovevo prostituire per lei, e che i soldi che avevo già dato a Corine non riducevano il mio debito con lei.

Per alcuni mesi mi sono prostituita per forza guadagnando molto poco. Felicity era molto arrabbiata con me, al punto di farmi picchiare e violentare da tre suoi boys. A quel punto ho deciso di non fare più quel lavoro. Ho detto basta.

La fuga e poi la salvezza

Un signore italiano che frequentavo mi ha dato delle informazioni su un centro di accoglienza di Firenze. Mi sono messa in contatto con il centro e dopo qualche giorno sono stata accolta. Ho trascorso un mese presso una struttura di accoglienza gestita dalle suore e poi sono partita per Roma dove sono entrata in una casa-famiglia. Attualmente sono ancora a Roma.

Da quando sono arrivata in Italia sono passati due anni

Maris Davis, luglio 2021