Nel suo ultimo libro, “Ascia nera”, Leonardo Palmisano ricostruisce dall’interno le dinamiche della mafia nigeriana in Italia, attraverso le testimonianze delle vittime e dei carnefici.
La sua inchiesta parte dal Cara di Borgo Mezzanone per ricostruire il lungo viaggio delle donne nigeriane fino alla traversata del Mediterraneo.
"Non c'è posto fuori dal clan. Fuori dal clan c'è solo la morte". Lo pensano tutti, ma non tutti hanno il coraggio di dirlo. I membri di "Ascia Nera" intervistati dal giornalista e scrittore Leonardo Palmisano (nel libro "Ascia nera" edito Fandango, l'ultimo volume della trilogia iniziata con "Ghetto Italia" e proseguita con "Mafia Caporale") sanno bene che per loro non c'è salvezza.
Soltanto la morte potrà renderli di nuovo liberi. Quando entri in contatto con la mafia nigeriana non sei più libero di scegliere nulla. I Black Axe, le famigerate asce nere nigeriane, diventano dei soldati, il braccio e la mente di un'organizzazione tentacolare che da anni si è estesa anche in Italia, collaborando con i gruppi criminali locali e godendo della complicità di alcuni cittadini.
Noi non siamo come le vostre mafie. Non abbiamo una famiglia che ci guida, ma un capo spirituale. Un uomo che interpreta il messaggio del movimento e tiene la testa alta davanti allo stato e a chi ci vuole male.
"Ascia nera", il sistema della mafia nigeriana
Nel suo reportage Leonardo Palmisano incontra vittime e criminali, raccontando dall'interno il sistema nigeriano. Ascia nera, meglio nota in Nigeria come Neo Black Movement, è una potente organizzazione criminale nata negli anni Settanta all'Università di Benin City come una confraternita di studenti. Molti ancora oggi in Nigeria negano che sia diventata una delle più pericolose mafie esistenti al mondo, con una struttura stratificata che ricalca in modo impressionante quella della ‘Ndrangheta.
Il suo capo, Felix Kupa, la descrive come una "grande organizzazione umanitaria panafricanista". E, se bisogna spiegare il perché di tanti atti criminali, buona parte della stampa locale è pronta a coprire la "cupola" con la classica bugia: "Sono solo teppisti, dietro non c'è nulla". D'altronde, l'opinione pubblica nigeriana è dalla loro parte. Danno lavoro ai giovani, li fanno studiare, si fanno carico di tutte le spese nel caso finiscano in carcere. E poco importa se si contrae un debito a vita, non sembrano esistere alternative.
La tratta delle donne nigeriane in "Ascia nera"
"La libertà è quel breve lasso di tempo tra un legaccio e l'altro". Le donne nigeriane lo sanno bene. Il viaggio di Leonardo Palmisano inizia nella putrida baraccopoli sorta intorno al Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo (Cara) di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia. Lì le ragazze sono costrette ad uscire dal Cara per prostituirsi lungo la provinciale Foggia-Manfredonia.
Uno degli assassini di Desirée, la sedicenne romana stuprata e uccisa nel quartiere di S.Lorenzo a Roma, venne trovato proprio vicino Borgo Mezzanone dopo diversi giorni di fuga.
Il sistema parte da lontano. I caporali di Ascia nera stringono accordi con i libici: danno loro manodopera a costo zero a patto che una parte delle schiave varchi il Mediterraneo per andare a ingrossare le file dell'organizzazione in Italia. Molte ragazze partono dalla Nigeria convinte di arrivare in Europa, ma vengono vendute come schiave ad Agadez e devono pagare il resto del viaggio vendendo il proprio corpo, sottoposte a torture di ogni tipo.
Ogni tappa un debito. Ogni debito un bordello, pena la morte per abbandono nel deserto. [..] Ero la loro scopa del cesso. Dopo che mi scopavano dovevo pulire la stanza. Il loro sporco.
Qualcuna ha "imparato a morire", qualcun altra fa uso di droghe per estraniarsi dalla realtà. Soltanto Veronica è riuscita a liberarsi: si è finta pazza e l'hanno abbandonata. Se non sei utile all'organizzazione non servi. Se non puoi soddisfare i clienti diventi inutile. E, allora, meglio non avere sorelle o cugine a cui dover tramandare un debito crudele. Che si trovino in Libia o in Italia non cambia nulla. I padroni sono ovunque.
Maris Davis, 11 giugno 2019