La Storia di Nina, 17 anni
La tratta di esseri umani attraverso la rotta del Mediterraneo
centrale
Le storie raccolte dall'OIM (Agenzia ONU per le migrazioni)
Nina è sbarcata in Italia nel 2015 ancora diciassettenne. Il personale dell’OIM l’ha incontrata al porto e, in seguito, più volte presso il centro di prima accoglienza dove è stata collocata.
Nata in Nigeria a Benin City, all’età di 10 anni Nina ha iniziato a subire, dal padre, abusi che continuano fino a quando decide di scappare di casa, rifugiandosi a casa di un’amica che si prostituisce e, per mantenersi, inizia a farlo anche lei. Dopo circa un mese un cliente, persona abbiente di cui Nina conosce solo il soprannome, “Kenny”, dice di essersi innamorato di lei e le propone si seguirlo in Europa, dove ha un conoscente di nome Michael, che potrebbe aiutarla. La giovane sente di non avere alternative, quindi accetta, sperando in una vita migliore.
Kenny e la di lui sorella Laura accompagnano Nina ad effettuare un rito woodoo, durante il quale la ragazza si impegna a pagare 5 milioni di naira (circa 25.000 euro all’epoca). In seguito Nina parte, accompagnata dall’uomo, e viaggia in autobus fino a Sabha (Libia). Fino alla Libia l’uomo si comporta correttamente, ma all’arrivo a Sabha il suo atteggiamento cambia e iniziano gli abusi sulla giovane, che proseguiranno per tutto il tempo in cui rimarranno insieme.
Seguono varie tappe e vari trasbordi da un camion all’altro, fino ad arrivare in un ghetto, dove Nina incontra altre 3 ragazze che ritroverà poi sulla stessa imbarcazione verso l’Italia. Dopo qualche tempo, il ghetto viene fatto oggetto di un blitz da parte di non meglio identificate forze di polizia libiche, durante il quale Kenny viene colpito da arma da fuoco, mentre Nina viene arrestata e condotta in prigione, dove resterà per circa tre mesi, finché non riuscirà a liberarsi in cambio di favori sessuali a una guardia che, una volta fuori dalla prigione, la porta in una connection house gestita da una donna libica di nome Alima. Lì Nina viene costretta a prostituirsi per circa due mesi, finché, per motivi sconosciuti alla ragazza, Alima decide di farla partire.
Nina viene salvata in mare e condotta in Italia, nell’ottobre 2015. Allo sbarco ascolta l’informativa dell’OIM sulla tratta di esseri umani ma non esprime una richiesta di aiuto. Sebbene inserita in un centro per minori, Nina riesce a chiamare Laura al suo numero nigeriano perché, pur credendo Kenny morto, il potere del voodoo su di lei è forte e si sente in debito anche verso la donna. Al telefono Laura le comunica che Kenny non è morto ma è rimasto solo ferito, che il piano di farla arrivare da Michael è ancora valido e che per il momento si occuperà lei di organizzare la sua fuga dal centro. Le dà anche il numero italiano di Michael e le dice che si trova proprio nella città dove Nina è stata accolta
Per prendere tempo, la minore inventa di trovarsi in un centro pattugliato e di non potersi muovere. In struttura si comporta male ed è aggressiva nei confronti delle altre ospiti, che conosce fin dalla Libia. Gli operatori faticano a gestirla, ma incontra nuovamente il team dell’OIM e riporta a quest’ultimo le sue vicende. Il personale dell’OIM chiarisce alla ragazza che non è obbligata a sottostare a quanto i trafficanti le impongono e la minore, sebbene sempre sotto l’influenza e la paura del voodoo, comunica di voler partecipare ad un programma di protezione. È cosciente del fatto che un’adesione è condizionata all’interruzione dei rapporti con Laura, Michael e Kenny e con altri possibili soggetti legati alla rete di sfruttamento.
Il team dell’OIM cerca una struttura di accoglienza per vittime di tratta in grado di accogliere minori ma non riesce a trovare una collocazione per la ragazza a causa della mancanza di posti disponibili, mentre la giovane nel frattempo riceve più telefonate in cui diverse persone dichiarano di sapere dove si trovi e di essere in procinto di andare a prelevarla. Nina acconsente a denunciare questi fatti, ma neanche dopo la denuncia si riesce a trovare per lei un rifugio. Da quel momento viene quindi trasferita in diverse comunità per minori in cui è spaventata e nervosa, mostrando evidenti segni di insofferenza e ribellione. In tutto questo periodo la ragazza, pur non avendo trovato posto in accoglienza in una struttura protetta e vivendo ormai per conto proprio, viene comunque seguita da un ente di tutela anti tratta allertato dall’OIM.
Noi siamo le schiave di oggi