Arriva la mafia nigeriana e batte quella italiana
È molto più organizzata di quella siciliana, della camorra e della 'ndrangheta. Lo denuncia la DIA (Direzione Investigativa Antimafia), lo scrivono il "Times" e il "Guardian"
Sono clan violenti e ramificati. Fino al 2010 (anno della rivolta di Rosarno) la bande nigeriane per poter "lavorare" dovevano pagare il pizzo alle mafie locali, ma poi le cose sono cambiate. Affari, traffici e relazioni. Il ruolo della Nigeria che non collabora con le autorità investigative italiane.
Prostituzione, droga e armi. Ecco le nove città italiane ostaggio dei nigeriani
La precisazione, tra persone intelligenti sarebbe inutile ma a scanso di equivoci, la facciamo comunque: quando parliamo di «mafia nigeriana» in Italia, ci riferiamo ai nigeriani dediti al crimine, non certo ai miei connazionali estranei alla delinquenza.
Per comprendere il contesto «socio-antropologico» in cui si muovevano i tre presunti killer nigeriani che hanno massacrato la povera Pamela Mastropietro, è opportuno fare un passo indietro. E analizzare la repentina mutazione genetica e il veloce consolidamento sul territorio nazionale di questi clan che la relazione 2016 della Dia (Direzione investigativa antimafia) definisce «la mafia straniera più feroce e strutturata in Italia»
L'ultimo rapporto dell'intelligence, già nell'introduzione espone uno scenario inquietante: «Il radicamento nel nostro Paese di tale consorteria è emerso in diverse inchieste che ne hanno evidenziato la natura mafiosa, peraltro confermata da sentenze di condanna passate in giudicato»
Il rapporto degli esperti spiega come l'organizzazione si sia gradualmente trasformata da «gregaria» a «dominante». Se infatti fino al 2010 (l'anno della tristemente nota rivolta di Rosarno) le bande nigeriane, per poter «lavorare», dovevano pagare il pizzo alle mafie autoctone (camorra, cosa nostra e 'ndrangheta), da quel momento in poi assistiamo a un «progressivo affrancamento caratterizzato da un modus operandi connotato da inaudita violenza»
Risultato. In regioni come Lazio, Campania, Calabria, Sicilia, Puglia, Piemonte, Veneto i tre nuclei storici della mafia nigeriana (Aye Confraternite, Eiye e Black Axe) assumono un ruolo egemone, monopolizzando in importanti città (Torino, Verona, Bologna, Roma, Macerata, Napoli, Palermo, Bari, Caserta) i mercati dediti a prostituzione, spaccio di droga, traffico di armi, usura, racket delle scommesse, tratta dei migranti e perfino truffe on line.
Anche per tale ragione quella nigeriana è la comunità straniera presenta in Italia che commette più reati e registra il maggior numero di espulsioni.
Un tempo l'antica leadership si limitava solo al caporalato di stampo schiavistico (prostituzione e caporalato vero e proprio). Poi il salto di qualità. Tra le città ostaggio della mafia nigeriana c'è anche Macerata, qui Pamela Mastropietro ha incrociato i suoi carnefici nigeriani, qui Pamela è stata tagliata a pezzi con modalità tipiche della tradizione tribale nigeriana. È solo in questo senso che la mafia nigeriana c'entra con il delitto della 18enne romana.
«I tre nigeriani ora in carcere per quel delitto, erano tutti e tre pusher affiliati certamente alle gang nigeriane che a Macerata controllano il business della prostituzione e dello spaccio di droga. Questo non significa che la mafia nigeriana, in sé, sia coinvolta nell'omicidio della ragazza, ma semplicemente che tre suoi esponenti si siano macchiati di un delitto orribile»
E quel sezionare il corpo in maniera «scientifica»? «I riti woodoo non hanno attinenza con questo caso, ma il modo con cui il cadavere di Pamela è stato fatto a pezzi rimanda a una tradizione tipicamente tribale propria della comunità nigeriana animista proveniente dall'Edo State dove padroneggiare l'uso di mannaie e coltelli è pratica insegnata anche ai bambini»
Un'aggressività che «la mafia nigeriana esercita nella gestione dei suoi affari con efferate forme di militarizzazione». Gli uomini restano sotto ricatto a vita. La loro attività primaria resta lo spaccio di droga. E se poi incontrano una ragazza fragile come Pamela, la invitano a casa. Per un festino mortale.
Antimafia. La Nigeria non collabora. Sono stati siglati accordi per l'espulsione di chi commette reati in Italia, ma che la Nigeria non rispetta
Rito di affiliazione alla mafia nigeriana. (foto DIA)
«Sapete che abbiamo una comunità criminale nigeriana in Italia che fa paura? Ma i nigeriani in Italia non commettono reati in danno di soggetti italiani. Loro si fanno le guerre tra di loro, trafficano in droga, prostituzione, ma non attaccano il territorio»
Sono passati solo pochi mesi da quando l'allora procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, avvertiva in audizione il comitato parlamentare Schengen, della pericolosità della criminalità proveniente dalla Nigeria. E quel timore si è realizzato a Macerata. L'allarme sul fenomeno nigeriano sta nel carattere violento, nel metodo mafioso unito a riti sacrificali, e nella capacità di queste associazioni a delinquere di nutrirsi delle masse di migranti, soprattutto ragazze, dall'Africa. E nel fatto che i sodalizi nigeriani appaiono «ancora più strutturati delle mafie italiane»
Una pericolosità confermata dall'ultimo rapporto semestrale della direzione investigativa antimafia. «I gruppi criminali nigeriani continuano a distinguersi per le modalità particolarmente aggressive con le quali realizzano i traffici di stupefacenti e la tratta degli esseri umani, finalizzata alla prostituzione». In Italia, evidenzia la Dia, «opera il sodalizio nigeriano denominato Black Axe, una consorteria a struttura mafiosa ben radicata anche in altri contesti, il cui vincolo associativo viene, tra l'altro, esaltato da una forte componente mistico-religiosa»
Il radicamento in Italia della criminalità nigeriana è emerso nel corso di diverse inchieste che hanno evidenziato la «natura mafiosa» della consorteria che avrebbe insediamenti a Torino, Novara, Alessandria, Verona, Bologna, Roma, Napoli e Palermo. Ma l'avvertimento dell'ex procuratore nazionale è legato soprattutto ai flussi migratori e dalla mancanza di accordi di cooperazione giudiziaria con quel Paese: «Qui sta arrivando un enorme numero di nigeriani. E noi abbiamo un grosso problema con la Nigeria. Pensate che la Procura nazionale antimafia, ai tempi del compianto collega Piero Vigna, che ne era il Procuratore all'epoca, fece un memorandum di intesa che non siamo mai riusciti in concreto ad attivare»
«Loro lo sottoscrissero ma non l'abbiamo mai attivato, proprio per la resistenza dei nigeriani». Ma tra le criticità nella lotta alla mafia «nera», Roberti ha segnalato il «problema di trovare interpreti affidabili, perché sanno che queste presenze in Italia sono molto pericolose per i connazionali nigeriani, per gli appartenenti alla stessa etnia, e fanno anche un po' di resistenza a fornire il servizio di interpretariato»
Quanto è potente la mafia nigeriana in Italia, e come fa i soldi
Traffico di sostanze stupefacenti, tratta di esseri umani, sfruttamento della prostituzione. Sono le attività principali dei gruppi criminali nigeriani e del centro Africa presenti in Italia, gruppi che continuano a "distinguersi per le modalità particolarmente aggressive" con le quali portano avanti i propri affari.
Il loro radicamento in Italia è emerso nel corso di diverse inchieste, che hanno confermato "la natura mafiosa" della consorteria, ribadita da diverse sentenze. Il gruppo più forte e pericoloso resta il "Black Axe", il cui vincolo associativo, sottolineano gli analisti della Dia, viene esaltato da una forte componente mistico-religiosa: nato a Benin City negli anni '70, da noi risulta attivo per lo più a Torino, Novara, Alessandria, Verona, Bologna, Roma, Napoli e Palermo.
L'ammissione all'organizzazione è subordinata a un rito di affiliazione, cui segue l'assunzione di ruoli ben definiti. Il potere di azione degli appartenenti non si limita all'Italia ma può arrivare anche in Nigeria, grazie ai forti contatti con l'organizzazione "madre".
Caratteristica del gruppo, è la "struttura reticolare distribuita su tutto il mondo". Gli stupefacenti, stoccati nei laboratori dei Paesi centroafricani, raggiungono l'Italia attraverso varie direttrici, sia per via aerea che marittima o terrestre. Con questa rotta, i narcotrafficanti sfruttano, di fatto, i canali già utilizzati in passato per il contrabbando di armi, avorio e pietre preziose.
Altrettanto "articolate" e connotate da "particolare violenza" sono la gestione della tratta di persone e la prostituzione. Recenti inchieste hanno documentato, ad esempio, come giovani donne, anche minorenni, attirate con la falsa promessa di un lavoro in Europa, vengano concentrate in Libia, sottoposte a violenze e stupri e fatte partire per le nostre coste.
Per vincolarle al pagamento del debito contratto per il viaggio sono sottoposte a riti woodoo, con minacce di morte per chi tenta di affrancarsi e le rispettive famiglie
Rituale Woodoo
Gruppi nigeriani sono risultati attivi anche nel trasporto verso il nord Europa di profughi e clandestini provenienti dalla Siria, dall'Egitto, dal Sudan e dall'Eritrea.
In Sicilia, Calabria e Campania in genere, come gli altri gruppi di matrice etnica, operano tendenzialmente con il beneplacito delle mafie storiche mentre in altre zone dimostrano una maggiore autonomia che sfocia anche in forme di collaborazione quasi alla 'pari'.
Forte resta la capacità di interagire con le organizzazioni di riferimento nei Paesi d'origine e con cartelli multinazionali, dei quali rappresentano nella maggior parte dei casi, "delle cellule operative distaccate, funzionali alla realizzazione degli illeciti"
Maris Davis, 9 aprile 2018