La mafia nigeriana in Italia si è radicata profondamente, ma non perché ha soppiantato le mafie autoctone, al contrario, perché con esse collabora.
Di recente alcuni quotidiani palesemente schierati a destra hanno descritto la mafia nigeriana come di un'organizzazione criminale che ha ormai soppiantato le mafie italiane, dipingendo i migranti nigeriani sbarcati in Italia in questi anni (comprese le ragazze sfruttate) come fossero loro i "mafiosi" e non piuttosto i trafficanti. Titoli ad effetto che nella sostanza lasciano il tempo che trovano, scritti non contro i veri mafiosi (italiani e nigeriani), ma semplicemente per instaurare paure contro i migranti.
Questi giornali hanno parlato di mafia nigeriana come se essa fosse arrivata da poco tempo in Italia, quasi in concomitanza con l'arrivo dei migranti dall'Africa. In realtà la mafia nigeriana è presente in Italia fin dagli anni '90, solo che allora nessuno la chiamava "mafia", si preferiva chiamarla criminalità.
La verità è un'altra
Certo che la mafia nigeriana in Italia si è radicata profondamente, ma non perché ha soppiantato le mafie autoctone, al contrario, perché con esse collabora.
La mafia nigeriana in Italia non si occupa di appalti, tangenti, corruzione, taglieggiamenti, di infiltrarsi in apparati pubblici, ecc.. In Italia la mafia nigeriana si occupa quasi esclusivamente di traffico di esseri umani, di sfruttamento della prostituzione (solo di ragazze loro connazionali) e a volte si avventura in quei reati connessi alla droga, traffico e spaccio. Occupa ambiti che le mafie italiane non occupano, la mafia nigeriana ha solo bisogno di un territorio sicuro su cui agire, ovvero strade dove far prostituire le ragazze, alloggi, un background organizzativo su cui sviluppare la propria azione. Ed è per questo che si accorda a Napoli e Caserta con la Camorra, a Palermo e Catania con la mafia siciliana, a Foggia e nel tarantino con le mafie pugliesi, in Calabria con le cosche della 'ndrangheta.
La mafia nigeriana ha comunque sviluppato un'organizzazione così capillare e ben organizzata che può permettersi di controllare ogni singolo passaggio dello sfruttamento, dal reclutamento delle ragazze in Nigeria, il loro viaggio, fino al luogo in strada (joint) dove quella ragazza dovrà "prostituirsi"
Storia
Le confraternite nigeriane, dal Premio Nobel alla mafia
La criminalità nigeriana è stata da poco "elevata" al rango di mafia. Se è vero che la Direzione Nazionale Antimafia già nel marzo 2003 definì come "mafiogena" la criminalità nigeriana, le prime condanne per associazione mafiosa si collocano attorno al 2010. Ma attualmente sono pochissime e circoscritte. La mafia nigeriana da un lato ha una storia all'interno del paese d'origine e dall'altro, come sostiene la DIA nel 2017, ha avuto “una forte capacità adattativa all'ambito territoriale in cui si trova ad operare”
La sua espansione, come ha più volte sottolineato l'UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime), ha varcato da tempo i confini della Nigeria ed è oramai diffusa, con interessi criminali diversi, in varie aree del mondo con in testa l'Italia, poi Canada, Germania, Spagna, Portogallo, Belgio, Russia, Brasile e Giappone.
La criminalità nigeriana affonda le sue origini all'interno del mondo universitario della Nigeria ed in particolare nel cultismo e nelle confraternite
I magnifici sette, 1952
Quando nel 1952, sette giovani studenti universitari (tra di loro si chiamavano i magnifici sette), tra cui il futuro Premio Nobel (1986) per la Letteratura Wole Soyinka fondarono la Pyrates Confraternity (anche nota come National Association of Seadogs) all'interno dell'University Collage di Ibadan non pensavano certo di mettere le radici ad una delle più potenti e aggressive associazioni a delinquere del mondo.
L'idea originale era quella di contrastare una Università di élite dove frequentavano solo studenti facoltosi legati al mondo coloniale e favorire gli studenti poveri promettenti. L'affiliazione alla confraternita era permessa, alle origini, solo a maschi di qualsiasi razza e etnia ma, dopo severe selezioni e giuramenti che si avvicinavano a riti di iniziazione cruenti, veri e propri. Il loro motto era "Against all conventions" (Contro tutte le convenzioni)
Da questa cellula originaria negli anni '70 si svilupparono altre confraternite, in particolare nel 1972 quando furono espulsi, ufficialmente per non aver centrato gli standards imposti (alto rendimento accademico e intellettuale). In realtà dopo un "ammutinamento" Bolaji Carew, chiamato Rica-Ricardo, e altri 30 confratelli diedero vita alla Buccaneers Association of Nigeria (i Bucanieri) che ricalcava la struttura dei Pyrates e che probabilmente fu la prima confraternita ad uscire dal mondo universitario.
Neo Black Movement of Africa
Black Axe
Nel 1976 nacque, nell'Università di Benin City, la Neo Black Movement of Africa (Black Axe, ascia nera), ancora frutto di una scissione dei Bucanieri. Secondo alcune tesi all'origine della scissione vi furono anche alcuni membri di organizzazioni anti-aparthaid fuorisciti dal Sudafrica con l'obiettivo di diffondere la "consapevolezza nera"
All'inizio degli anni '80 le confraternite si diffusero, per continue scissioni (da cui appunto l'appellativo di cellule) in tutte le istituzioni di istruzione superiore del paese. In particolare nel 1983 all'Università di Benin City nacque la Supreme Eiye Confraternity. In questi anni secondo alcuni studiosi si iniziò a introdurre rituali woodoo nella cerimonie di affiliazione.
La svolta che cambiò il corso delle cose è considerato il colpo di stato del 31 dicembre 1983, quando i militari misero fine all'esperienza della seconda Repubblica (1979-1983) e alla democrazia. A capo della giunta militare fu posto il generale Muhammadu Buhari (attuale Presidente della Nigeria, ritornato al potere nel maggio del 2015). Dopo nemmeno due anni, il 27 agosto 1985, il capo di stato maggiore Ibrahim Babangida (coinvolto in tutti i colpi di stato della Nigeria) fece arrestare Buhari e a assunse direttamente il potere fino al 1993.
I leader militari, alle prese anche con gli effetti della crisi petrolifera dell'epoca, si accorsero che le Confraternite potevano essere usate a loro vantaggio e soprattutto contro i gruppi organizzati (sindacati studenteschi e del personale universitario) che si opponevano al regime militare. Vennero finanziati e armati. In poco tempo fu l'intera classe dirigente del paese a cercare l'appoggio della criminalità al fine di mantenere i propri privilegi. Fu l'inizio della fine.
Negli anni 90' poi si scatenò una guerra tra le confraternite che portarono per la prima volta alla nascita di confraternite urbane soprattutto nella Regione del Delta, dove l'azione si inserì all'interno del sanguinoso conflitto che si creò in quella Regione con i gruppi per l'emancipazione del popolo Igbo. È degli anni '90 la nascita della Family Confraternity, conosciuta anche come "mafia dei Campus"
Ormai le confraternite avevano rotto il cordone ombelicale che le teneva unite alle Università (sebbene l'ambiente non è mai stato abbandonato). Le prospettive per gli affiliati erano quelle di avere accesso al denaro facile.
Le "Tre D", Donne, Droga e Denaro
È proprio negli anni '90 che i primi gruppi giungono in Italia, in particolare a Castel Volturno (Caserta), che diventa una roccaforte dell'organizzazione, e Verona, dove scoprono il grande mercato della prostituzione e delle droghe in Italia che risponde pienamente alla coniugazione delle "Tre D", Donne, Droga e Denaro. Ovvero attraverso i soldi della prostituzione si commerciano droghe (con l'accordo della camorra) e si fanno i veri soldi.
Gli accordi con la criminalità organizzata italiana nascevano prima dalla necessità della camorra di avere antenne sul territorio (prostitute), e le prostiute pagavano una sorta di affitto per occupare il pezzo di strada per "lavorare", joint. Solo successivamente, con i proventi della prostituzione, iniziarono a commerciare con gli stupefacenti (in Nigeria transitano droghe provenienti da Brasile, Colombia, Pakistan e Thailandia)
In Italia fino alla fine degli anni '90 i culti segreti che hanno operato, pur dedicandosi ad attività criminosa, non risultavano particolarmente violenti. Sebbene la polizia riporta di un incontro nel 1995 a Torino tra diverse società segrete nigeriane. Di loro, fino agli anni 2000, non si hanno grandi notizie. Le operazioni di polizia hanno fatto estinguere questi gruppi, dando spazio all'accesso di culti molto più violenti ed aggressivi come i Black Axe e gli Eiye.
Nel 1999, con il ritorno della democrazia in Nigeria, si assiste ad un nuovo impiego delle confraternite, che vengono reclutate dai vari potentati e dalla politica come guardie del corpo, veri e propri eserciti privati al servizio esclusivo di chi li paga fino alla loro presenza nelle polizie locali. Insomma, le confraternite hanno iniziato a permeare lo Stato.
La violenza di questi gruppi è cresciuta con il passare degli anni
I riti di affiliazione sono sempre più violenti. Oltre a percosse e ingestione di sangue, spesso comprendono stupri (di studentesse o di membri femminili dello staff universitario) e perfino omicidi. Anche nelle confraternite femminili (le Jezebels e le Amazons, le più note) lo stupro subito diventa un atto di affiliazione.
Naturalmente uscire dalla confraternita non è facile e spesso comporta la morte. È degli ultimi anni, un po' come è avvenuto in Italia con la mafia, l'ascesa di alcuni "confratelli" nella politica nigeriana, diventati governatori, parlamentari e perfino ministri.
Nel gennaio 2005 i servizi segreti italiani affermavano (parlando dei nigeriani) “le originarie attività illecite, commessa da gruppi isolati, senza una stabile organizzazione, hanno acquisito un peso maggiore nel panorama criminale, conquistando zone grigie del mercato, ovvero quelle controllate dalla malavita organizzata autoctona, che tradizionalmente considerava lo sfruttamento della prostituzione un attività di basso profilo e poco remunerativo e utilizzava manovalanza criminale straniera per lo spaccio al minuto degli stupefacenti”
La svolta in Italia arriva solo in questi ultimi anni. Nel 2011 l'Ambasciata Nigeriana a Roma emana una nota in cui si legge ".. nuova attività criminale di un gruppo di nigeriani appartenenti a sette segrete, proibite dal governo a causa di atti violenti: purtroppo ex-membri sono riusciti ad entrare in Italia e hanno fondato nuovamente l'organizzazione qui, principalmente con scopi criminali"
Il risultato è possibile vederlo in queste cifre.
Poiché oltre l'80% di queste donne è destinato al mercato della prostituzione, la prima parte della logica delle "Tre D" (donne) sta subendo una forte impennata.
Non dove stupire che coloro che gestiscono il traffico di ragazze, contrariamente al credo popolare, non sono illetterati provenienti da sperduti villaggi della Nigeria. Anzi, quasi sempre si tratta di laureati o persone dotate di cultura superiore. Un dato di fatto che deriva dalla storia della mafia nigeriana.
In definitiva, la mafia nigeria, è una realtà con cui l'Italia (e il Mondo) deve fare i conti, troppo in ritardo ci si è resi conto che è un vero e proprio fenomeno "mafioso" e non semplicemente un gruppo di criminali come lo sono stati considerati fino al 2011.
Nel 2017 in particolare le forze dell'ordine italiane hanno arrestato diverse persone nigeriane legate al traffico di esseri umani (di ragazze in particolare)
A questi criminali vengono sempre associati reati quali lo sfruttamento della prostituzione, la riduzione in schiavitù, e appunto il traffico di esseri umani. Molte volte a questi reati viene aggiunta l'aggravante della trans-nazionalità, ma mai quella "mafiosa", nonostante sia ormai evidente che questi soggetti criminali sono collegati tra di loro come veri e propri "cartelli"
L'aggravante "mafiosa", qualora riconosciuta, permette il sequestro dei beni e delle proprietà dei trafficanti, sia in Nigeria che in Italia, oltre naturalmente a condanne più pesanti. Ma al momento non mi risulta che a nessuno dei nigeriani arrestati quest'anno per i crimini più orribili, sia mai stata riconosciuta anche l'aggravante mafiosa dei reati.
C'è ancora in Italia una certa magistratura inquirente che è ancora restia a riconoscere che la "mafia nigeriana" esiste per davvero e che opera con tutti gli standard di qualsiasi mafia italiana e internazionale.
Un rito magico-religioso può condurre l’uomo a trasformarsi in simbolo
Rituale "Juju"
C’è in noi un richiamo ancestrale che sfonda il labile confine tra realtà e fantasia, generando il mito che si staglia al di sopra di esse. Lo spiega mirabilmente Mircea Eliade nelle sue opere, pietre miliari imprescindibili per chiunque tenti di cogliere il senso profondo del complesso rapporto che abbiamo ad ogni latitudine con la spiritualità.
Quando però il rito finisce per ridursi a strumento della criminalità si perde qualunque contatto evocativo con il trascendente e l’immateriale diventa semplicemente un giogo che sottomette l’essere umano fino a dilaniarlo.
È il caso delle ragazze africane provenienti dallo stato di Edo, nel sud della Nigeria, che vengono quotidianamente sottoposte al "juju", che di per sé non è un termine negativo ma identifica l’insieme delle religioni animiste dell’Africa Occidentale. È oggi però utilizzato, attraverso amuleti e incantesimi, da presunti sciamani nigeriani per convincere giovani (anche minorenni) appartenenti alle famiglie più povere dello stato di Edo, a partire alla volta dell’Italia per prostituirsi.
In realtà l’operazione di convincimento è più banale e spietata allo stesso tempo, questa sorta di capi religiosi locali sono spesso a libro paga delle confraternite legate alla mafia nigeriana. Persuadono le ragazze che in Europa troveranno normalissimi lavori ben pagati e potranno così garantirsi un raggiante futuro, oltre a inviare soldi a casa per aiutare le loro famiglie indigenti.
“La forte fede che hanno negli spiriti e il desiderio di uscire dalla povertà e migliorare la propria condizione sociale sono gli ingredienti che costituiscono un terreno molto fertile per il proliferare della tratta di esseri umani e della riduzione in schiavitù. Le donne non riescono a intraprendere da sole il viaggio verso l’Europa. Come fanno a procurarsi un passaporto o un visto? Come possono permettersi un biglietto aereo? È qui che fanno il loro ingresso le mamam e i trafficanti”
Maris Davis, 9 ottobre 2017